Rosa Spampanato ha intervistato per il Magazine MaxParisi 2.0 il giornalista Leonardo Lodato, capo servizio di Cultura e Spettacolo del quotidiano di Catania “La Sicilia”. “Cielo, la mia musica”, è il suo nuovo libro, in abbinamento dal 30 Gennaio con il quotidiano La Sicilia e in libreria. Dodici interviste a dodici musicisti siciliani, tutte inedite, fuori dai canoni del giornalismo di routine. “L’idea mi è venuta una notte d’estate mentre ascoltavo in giardino la mia musica preferita” spiega Leonardo, “In quest’isola ci sono energie inespresse che hanno bisogno di essere portate a conoscenza della maggior parte delle persone.” Buona lettura a voi.
Benvenuto tra le pagine di MaxParisi2.0 “CIELO, LA MIA MUSICA!”è il suo nuovo libro. Come nasce l’idea è chi o cosa l’ha ispirato?
L’ispirazione maggiore, ovviamente, è stata quella costellazione di artisti che animano il mondo musicale e culturale siciliano. In quest’isola ci sono energie inespresse che hanno bisogno di essere portate a conoscenza della maggior parte delle persone. E questo credo che sia il compito principale di noi giornalisti. L’idea mi è venuta una notte d’estate mentre ascoltavo in giardino la mia musica preferita e “giocavo” con le stelle. Mi sono costruito un’ideale via lattea dove ogni puntino luminoso corrispondeva ad un brano, un artista o gruppo che avesse a che fare con il cielo, lo spazio, la luce. E così, da David Bowie sono passato per The Dark Side of The Moon dei Pink Floyd, dai Rockets di Space Rock al Bennato de “L’Isola che non c’è”. La Sicilia, invece, c’è. E c’è tanta musica…
Riferito al suo nuovo libro, nel comunicato si legge: “E il cielo, soprattutto, come lo vede chi suona, chi canta, chi compone?”. Quindi le chiedo: come lo vede il cielo chi fa musica e arte?
Beh, le risposte sono dentro il libro. Posso solo dire che ogni artista intervistato, e sono 12 in tutto, ma mi sarebbe piaciuto metterne dentro molti di più, ha un suo personalissimo punto di vista. Dipende dal background di ognuno di loro, dal carattere. C’è chi lo vede come una tavolozza pronta per dar vita a quell’immensa tela chiamata vita. Chi lo scruta leggendovi le suggestioni lasciate da artisti come David Bowie con il suo “Ziggy Stardust” o da Elton John con il suo “Rocket Man”. Tutti, comunque, convergono su un unico giudizio, che il cielo di Sicilia è un’opera d’arte, l’ottava meraviglia del mondo. Parlando della Sicilia, scrive Goethe: “…La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra. […] Chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita…”.
In” Cielo la mia musica!” possiamo trovarvi: Interviste, tutte inedite, fuori dai canoni del giornalismo di routine. Ci spieghi meglio.
Faccio questo mestiere da più di trent’anni. Ho avuto modo di intervistare tantissimi artisti. Eppure, mi è sempre rimasto impresso un episodio. Tanti anni fa ero ospite a casa di un amico. Con noi c’era anche un famoso attore. A un certo punto, si alza dalla poltrona e dice, non sapendo che io sono un giornalista: “Scusatemi, devo rispondere a questa telefonata. E’ un giornalista. Devo fare un’intervista. Mi domanderà le solite cavolate (non ha detto proprio così…) e risponderò sempre le solite cavolate (anche in questo caso la parola era leggermente diversa)”. Ecco, in quel momento ho capito che il rischio di questo mestiere, per quanto bello sia, è proprio quello di cadere nel banale, nel già sentito dire. E con gli artisti, spesso, cadi nel tranello della promozione del disco o del tour, dell’uscita del libro o del film. Alla fine, fai sempre le solite domande e ti aspetti sempre le solite risposte. Con questi 12 artisti, invece, ci siamo imposti di chiacchierare fuori dai canoni dei nostri rispettivi ruoli. Da amici, spesso con un bicchiere di vino in mano che, magari, ti spinge ad aprirti un po’ più del solito.
La prefazione del libro è curata dal tastierista dei francesi Rockets, Fabrice Quagliotti. Come nasce questa collaborazione?
Ho cominciato ad ascoltare i Rockets quando avevo più o meno 11 anni. Mi hanno sempre affascinato con il loro look “spaziale” e quelle sonorità rock enfatizzate da effetti sonori particolarissimi. Io mi ritengo estremamente romantico e ancora oggi ascolto la musica che ascoltavo quand’ero un adolescente. Dopo tanti anni, grazie a Facebook, ho fatto amicizia con il tastierista Fabrice Quagliotti che ancora oggi continua a tenere alto il nome dei Rockets pur essendo l’unico superstite della formazione originale. Parlandogli del libro, mi è venuto spontaneo chiedergli una prefazione da “alieno”, visto che non è siciliano ma francese, e lui ha accolto la cosa con l’entusiasmo di un bambino. E’ stato davvero un grande onore averlo nella mia squadra. E spero che questo sia il sigillo di una bella amicizia.
Per conto dell’azienda italiana Vulcan, ha ideato un piatto per batteria denominato “Sonar”. Come mai?
Ho conosciuto Massimiliano Arrigoni, il titolare della Vulcan per motivi di lavoro. E’ scattata subito una grande simpatia e abbiamo scoperto di avere in comune non solo la passione per la musica ma anche quella per la subacquea. Gli ho lanciato, scherzando, una sfida. Gli ho detto: “Perché non ci inventiamo un piatto che nella sua sonorità, abbia a che fare con il mare?”. Lui non si è sconvolto più di tanto e mi ha subito detto: “Mettiti al lavoro!”. Così mi è venuta in mente l’idea di un piatto che potesse riprodurre in qualche modo il sound del sonar dei sottomarini. Ne abbiamo parlato e nel giro di un mese lui, grazie ai suoi artigiani turchi, ha tirato fuori questo piatto che è stato esposto di recente anche al Namm, la più grande fiera americana dedicata agli strumenti musicali.
Cielo, la mia musica!” è il suo secondo libro dopo “Storie di Uomini e di Navi – Un’avventura chiamata Veniero”. Chi ispirò questo primo progetto?
Come dicevo, un’altra mia grande passione, oltre alla musica, è sempre stata la subacquea. Con il mio istruttore di subacquea tecnica, Guido Capraro, diversi anni fa, abbiamo messo su un team con il quale abbiamo realizzato alcuni documentari televisivi dedicati ai fondali siciliani. Uno di questi raccontava la storia dell’affondamento del Regio Sommergibile Sebastiano Veniero e la tragica fine del suo equipaggio. Dopo la messa in onda del documentario, abbiamo ricevuto tantissime chiamate da pescatori, marinai e parenti di militari scomparsi in quella circostanza. A quel punto abbiamo pensato di raccogliere queste testimonianze e raccontare quell’avventura in un libro.
Prima di salutarci e ringraziarla per la sua presenza qui su MaxParisi2.0 le chiedo: ha dichiarato (durante un intervista) “Noi spesso sbagliamo strada perché cerchiamo la felicità e non la serenità”. Ci spieghi.
Intanto, ringrazio voi per l’ospitalità. Spesso penso: oggi cosa potrebbe rendermi felice? E mi immagino, chessò, una vincita al Superenalotto, un bel gelato da mangiare in riva al mare, un collega che mi chiama e mi dice: oggi non c’è bisogno che vieni a lavorare, goditi la vita! Scherzi a parte, credo che in questa vita così frenetica che conduciamo, spesso scambiamo la ricerca della serenità con la felicità. La felicità è uno stato d’animo soggetto ad alti e bassi. Puoi essere felice solo se prima sei stato triste o deluso da qualcosa. Io credo, invece, che ci si debba impegnare nella ricerca della serenità e imparare a gestirla in modo da farci accompagnare costantemente. E’ un po’ come una velocità di crociera ben stabilizzata che ci permette di procedere con tranquillità in questo nostro lungo e periglioso viaggio chiamato vita.