Sanremo 2020, il monologo di Rula Jebreal
L’ Italia, questo magnifico Paese che mi ha accolto, i numeri sono spietati: ogni 3 giorni viene uccisa una donna, 6 donne sono state uccise la scorsa settimana.
Io sono diventata la donna che sono perché lo dovevo a mia madre, lo devo a mia figlia che è seduta in mezzo a voi. Lo dobbiamo tutte, tutti, a una madre, una figlia, una sorella, al nostro paese, anche agli uomini, all’idea stessa di civiltà e uguaglianza. All’idea più grande di tutte: quella di libertà.
Parlo agli uomini, adesso. Lasciateci libere di essere ciò che vogliamo essere: madri di dieci figli e madri di nessuno, casalinghe e carrieriste, madonne e puttane, lasciateci fare quello che vogliamo del nostro corpo e ribellatevi insieme a noi, quando qualcuno ci dice cosa dobbiamo farne. Siate nostri complici. E quando qualcuno ci chiede “Lei cosa ha fatto per meritare ciò che è accaduto?”
Sono stata scelta stasera per celebrare la musica e le donne, ma sono qui per parlare delle cose di cui è necessario paralre. Certo ho messo un bel vestito. Domani chiedetevi pure al bar “Com’era vestita Rula?”.
Che non si chieda mai più, però, a una donna che è stata stuprata: “Com’era vestita, lei, quella notte?”.
E noi non vogliamo più avere paura.
Vogliamo essere amate.
Lo devo a mia madre, lo dobbiamo a noi stesse, alla nostre figlie. Nessuno può permettersi il diritto di addormentarci con una favola.
Vogliamo essere note, silenzi, rumori, libere nel tempo e nello spazio.
Vogliamo essere questo: musica.
Ph Carlo Capodanno